Da Il trasporto dei Miti a La Città dei Miti
Non portare il tragico del reale nel teatro, ma la luce del teatro tragico nel reale.
La Città dei Miti
progetto di Elena Cotugno e Gianpiero Alighiero Borgia
testi Fabrizio Sinisi
arte drammatica e ricerca sul campo Elena Cotugno, Christian Di Domenico, Daniele Nuccetelli
allestimento spazio scenico Filippo Sarcinelli
costumi Giuseppe Avallone con la collaborazione di Elena Cotugno
ideazione e regia Gianpiero Alighiero Borgia
produzione TB/Teatro dei Borgia in co-produzione con CTB – Centro Teatrale Bresciano e Il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia con il sostegno di Fondazione Vincenzo Casillo e di Cooperativa La Rete
La Città dei Miti ha vinto il Premio Rete Critica 2022 e il Premio della Critica 2022-ANCT
Elena Cotugno per Medea per strada ha vinto il premio Le Maschere del teatro italiano 2021
Il progetto
Il Trasporto dei Miti di Teatro dei Borgia è un intervento artistico in ambito politico, un progetto di ricerca teatrale sull’attivazione del mito.
Anticamente, nella polis greca, assistere a una tragedia era un rituale collettivo: l’evento teatrale avveniva in una dimensione emotiva e conoscitiva estremamente più profonda e totalizzante rispetto a oggi. I personaggi e le vicende appartenevano a un territorio di mezzo, il mito, tra la religione e la finzione, il credo e la narrazione, la natura e la cultura. Nel plot drammatico erano condensati i temi etici, civili, religiosi più significativi dell’epoca, in quello che tuttora rimane il più intenso rito di elaborazione di una coscienza collettiva nel mondo occidentale.
Come dare forma a qualcosa di simile, oggi, con i mezzi del teatro?
È il quesito da cui nasce Il Trasporto dei Miti, un progetto incardinato in un orizzonte di indagine chiaro, che segue un preciso itinerario creativo in tre tappe:
■ costruire un’analogia tra un personaggio della mitologia classica e un suo corrispettivo iconico nella contemporaneità urbana, metropolitana, mediatica (Medea/prostituta straniera, Eracle/genitore separato, Filottete/malato abbandonato);
■ individuare una tematica socio-politica cogente nella contemporaneità, da approfondirsi durante la preparazione dello spettacolo attraverso esperienze sul campo compiute dagli artisti, fatte di interviste e azioni di volontariato in contatto diretto con le realtà istituzionali e associative che operano negli ambiti approfonditi;
■ realizzare una performance di teatro d’arte che rompa il meccanismo canonico scena/platea alla ricerca di una modalità esperienziale per gli artisti e per gli spettatori, il più possibile analoga a quella dello spettatore tragico dell’antichità.
Dal confronto tra i tragici greci e l’indagine sulla contemporaneità è nata La Città dei Miti: una trilogia di lavori su Eracle, Filottete e Medea, un’esperienza teatrale che si compie nel reale, un sogno poetico metropolitano.
La trilogia La Città dei Miti è un sogno poetico metropolitano.
Aristotele nella Poetica distingueva la tragedia dalla commedia per la posizione superiore dei personaggi. Con “superiore”, molto probabilmente, lo Stagirita si riferiva non alla posizione sociale (divinità, re o regine) ma ai dilemmi morali eccezionali che si trovano ad affrontare. La trilogia di TB si muove verso un’umanità emarginata: prostitute, poveri e malati, ma il fine degli spettacoli non è la denuncia sociale, ma la ricerca sull’attivazione del mito, la cui componente tragica può esplodere solo calando il racconto in una situazione estrema. Per questo gli attori di TB svolgono una costante ricerca sul campo, per permettere il legame tra la trascendenza del mito e la contingenza umana, reale, della città in cui il progetto interviene. I nostri eroi sono figure extra-ordinarie ma, a differenza del racconto hollywoodiano o ateniese, non spiccano al di sopra dell’uomo comune. Essi vivono ai confini: nelle periferie, nei sobborghi, negli inferi della società. Li incontriamo sui mezzi pubblici, li scorgiamo oltre i finestrini, sono un “Quinto Stato” a cui ci avviciniamo con dei primi piani e dal quale emergono storie che rompono l’assuefazione della consuetudine. La trilogia è un’azione d’arte politica che attraversa la città e accompagna gli spettatori nei luoghi dell’emarginazione, illuminando angoli del panorama urbano attraverso il cono di luce del Mito. L’itinerario parte con l’Eracle all’interno di una mensa per i poveri, a volte allestita in una tenda di prima accoglienza dalla compagnia, poi a bordo di un bus per circa 25 spettatori si raggiunge l’abitazione di Filottete in una sala del Teatro e il tratto finale è nuovamente a bordo del bus con Medea, che riporta gli spettatori alla mensa per un momento di convivialità con la compagnia e gli operatori. L’intero percorso assume le caratteristiche di un’esperienza collettiva, “una giornata a teatro” durante la quale è possibile partecipare a momenti di emotività intima e condivisa: la comunità si raccoglie attorno a dei temi non per riflettere, ma per immergersi in un rito di rivivificazione degli stessi, grazie al lavoro degli attori che si fanno portatori delle esperienze vissute durante la ricerca sul campo. Si partecipa a un baccanale civile, durante il quale si riesumano antichi rituali, ci si confronta con problemi etici, si chiariscono e rinsaldano i rapporti tra i membri della comunità. Poi tutti insieme ci si stringe attorno all’oggetto di culto: lo stare insieme.
La trilogia è composta da tre lavori distinti e indipendenti ognuno dei quali costituisce spettacolo a sé, ma sono creati e intesi come tre momenti di un’unica opera. La durata di ciascuno è di circa un’ora, e vengono presentati ogni giorno uno di seguito all’altro. La durata complessiva è di quattro ore circa, comprensive di intervalli e spostamenti.
Eracle, l’invisibile, con Christian Di Domenico, è liberamente ispirato alla narrazione euripidea del mito di Eracle, ne segue la traccia ribaltando criticamente le mitografie antecedenti.
È la “tragedia della paternità” nella quale il forte per eccellenza è sottoposto a un’ennesima prova, la suprema: la salvaguardia della famiglia. Narra di un uomo come tanti, un buon padre qualsiasi, un marito felice, la cui vita inciampa in un evento imprevisto che lo precipita nel declino economico. Il territorio dell’agone delle prove di Eracle nella contemporaneità si trasferisce dalla Natura all’Economia e riduce il genitore, in particolare il padre, a funzione economica. L’indagine sociale di TB riguarda dunque i “forgotten men” e le vicissitudini economico-finanziarie nelle quali inciampano i genitori separati.
Filottete dimenticato, con Daniele Nuccetelli, è la storia di uno qualsiasi di quei malati condannati all’emarginazione e all’isolamento a causa del loro stato. Racconta la tragedia dell’abbandono da parte della comunità prima e della famiglia poi.
Il protagonista è un paziente affetto da demenza che ricorda solo le ragioni del suo rancore e del quale la famiglia si ricorda solo per ragioni utilitaristiche. Tra i malati afflitti da solitudine d’abbandono, TB concentra la propria indagine su i pazienti affetti da demenza a corpi di Lewy, una sindrome simile all’Alzheimher caratterizzata da violente somatizzazioni, cioè da forti manifestazioni di dolore fisico prive della corrispondenza fisiologica: insomma, da un dolore incomunicabile e per gli altri irrilevante, come la piaga di Filottete.
Medea per strada non è semplicemente uno spettacolo: è un’esperienza che ci attraversa. TB ha raccolto le storia di donne partite dai loro paesi con un bel sogno che all’arrivo in Italia si è frantumato, rotto. E’ diventato realtà di schiavitù nel racket della prostituzione. Donne a noi famigliari eppure sconosciute, che vediamo con la coda dell’occhio dal finestrino mentre viaggiamo, come fossero parte dell’orizzonte urbano. Il testo cui sono approdati Fabrizio Sinisi ed Elena Cotugno si pone nel solco delle libere riscritture del mito di Medea, rivela allo spettatore d’oggi la “tragedia dello straniero” con la forza del mito greco. TB propone al pubblico un’esperienza che va oltre il semplice assistere a uno spettacolo teatrale, concepita e realizzata, raggiungendo un consenso unanime di pubblico e di critica, su uno scalcinato furgone Iveco del 1994, per soli 7 spettatori per volta.
La Residenza Nomade
I miti ci trasportano di città in città, dove per un po’ di tempo studiamo le realtà del territorio che operano nel sociale. Il viaggio e l’incontro sono momenti cruciali della preparazione alla scena, le due cose si fondono e si nutrono a vicenda. Questa fase del lavoro, questo “studio errante”, ci piace chiamarlo Residenza Nomade.
Alla Città dei Miti hanno partecipano moltissime persone. Il progetto è fatto da uomini e donne che accettano di incontrarci e raccontarci le loro storie. Cerchiamo di non fermare mai il lavoro di ricerca sul campo, di fare in modo che sia sempre la prima porta da aprire e di affiancarlo a quello artistico. Senza i lavoratori e gli utenti degli enti con cui collaboriamo il lavoro sarebbe a metà. Per questo motivo il lavoro in scena e fuori dalla scena è continuamente soggetto a cambiamenti. La Residenza Nomade riempie per intero la giornata durante il periodo di permanenza del progetto e viene raccontata con video, foto e interviste, giorno per giorno sui social della compagnia e del teatro, oltre che sui media tradizionali, in una sorta di documentario social, dinamico e in continuo arricchimento.
Grazie a:
Accademia della Follia – Trieste / Antéros Ass. LGBTI – Padova / ArkadiHub – Trani / Associazione V.A.D.A. Nazareth – Padova / Cooperativa sociale Agricola Monte San Pantaleone ONLUS – Trieste / Associazione Lucciole – Trieste / Associazione Mimosa-Equality – Padova / Associazione Mutuo Soccorso – Milano / Associazione On the Road – Pescara / Associazione Padri separati – Milano / Associazione Stella Polare – CDCP ONLUS – Trieste / Associazione Tampep – Torino / Bistrò Popolare – Brescia / Caritas Ambrosiana / Caritas Barletta / Caritas Trieste / Casa del fare Assieme (Ex ospedaletto) – Trani / Ce.St.Ri.M ONLUS Centro Studi e Ricerche sulle realtà meridionali – Potenza / Centro diurno per anziani con disturbi cognitivi Villa Nappi – Trani / Centro Jobel – Trani / Compagnia africana – Milano/ Comunità Alloggio “Casa Lea” – Brescia /Comunità San Benedetto al Porto – Genova / Comunità San Martino al Campo – Trieste / Cooperativa Dedalus – Napoli / Cooperativa Parsec – Roma / Cooperativa Sociale Casa Raab, progetto Atuttotenda – Lecce / Cooperativa sociale Comunità Oasi2 San Francesco – Trani / Cooperativa Sociale Girasoli – Corato / Cucine Economiche Popolari – Padova / Fondazione Arché – Milano / Fondazione OIC ONLUS – Padova / Fondazione Somaschi – Milano / Hast(arci) – Trani / I gatti Spiazzati – Milano / Interpares – Trieste / La Rete – Brescia / Linea D’Ombra – Trieste / Paese Ritrovato – Monza / Project for People – Milano / Rete Primo marzo – Chieti / Rete territoriale del progetto Oltre la strada – Modena / Save – centro antiviolenza – Trani / Servizi sociali – Accoglienza Comune di Verona / Università di Chieti e Pescara – Dipartimento di Neuroscienze e Imaging Università “G. D’Annunzio”
[qui schedaLa città dei miti .pdf]
Biografie
Elena Cotugno e Gianpiero Borgia per la trilogia “La Città dei Miti” si avvalgono, oltre che della collaborazione del drammaturgo Fabrizio Sinisi, anche di quella di Christian Di Domenico e Daniele Nuccetelli, entrambi, attori, registi e pedagoghi che operano nel solco della tradizione russa rivista e attuata in Italia da Gianpiero Borgia.
Fabrizio Sinisi è drammaturgo, docente di drammaturgia, poeta e scrittore, dramaturg della Compagnia Lombardi-Tiezzi e del Teatro Laboratorio della Toscana e dal 2018 drammaturgo residente presso il CTB-Centro Teatrale Bresciano.
Christian Di Domenico dopo aver studiato alla Scuola “Galante Garrone” di Bologna e alla Scuola Civica “Paolo Grassi” di Milano, ha proseguito la sua formazione con Jurij Alschitz.
Daniele Nuccetelli ha studiato presso l’Accademia di Teatro diretta da Alessandro Fersen e presso l’Accademia d’Arte Drammatica di Mosca diretta da Anatolij Vasiliev.