Statale 448 detta “Orvietana”
Siamo al Festival di Todi da due giorni. È difficile comprendere le dinamiche della prostituzione qui. Tra le strade tortuose, in mezzo ai meravigliosi boschi umbri, si affacciano tra i cespugli al ciglio della strada, roulotte e camper che poi magicamente la sera spariscono. È possibile che qui il racket della prostituzione sia talmente organizzato da potersi permettere mezzi di trasporto che rimorchiano le roulotte, le portano sul posto e la sera se le vanno a riprendere? Avranno un deposito custodito? O vengono inghiottite dal bosco sul calar della sera, quando le ragazze se ne tornano verso la stazione? Inoltre, pare che le ragazze vengano accompagnate a gruppi sul posto di lavoro, questo perciò prevederà l’impegno di ulteriori mezzi di trasporto!
È possibile però trovare anche la singola ragazza, senza roulotte, senza camper, ma seduta su una sedia al lato della strada, dopo una grande curva, dove la strada si allarga un po’, magari sotto le querce.
Molte africane.
Stamattina, dopo aver fatto queste considerazioni, pensavo che viaggiare con il furgone per le vie della prostituzione, ci sta offrendo un panorama del fenomeno a 360°. Ogni luogo in cui facciamo tappa ha delle leggi proprie, delle dinamiche diverse attraverso le quali la prostituzione si rivela ai nostri occhi. Ogni luogo è un boccone amaro da digerire; vedere come le organizzazioni criminali siano ramificate nella strade italiane ci spaventa, perché ci rendiamo conto dell’ immensità di questo mare, e della forza con la quale si è radicato in ogni dove.
La lotta contro il racket della prostituzione è davvero un’impresa enorme. Ancora di più credo nelle associazioni e in tutte le figure professionali che cercano ogni giorno di venirne a capo.
E ancora di più il mio pensiero va alle ragazze coinvolte nella schiavitù, ingannate, deportate, violentate, picchiate, sfruttate, eppure sempre lì, al bordo della strada con l’ossessione di guadagnare abbastanza a fine giornata per non essere picchiate ancora.
Mi chiedo se si abituano mai a questa vita e so che molte non ce la fanno.
Elena Cotugno